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Mindfulness: meditare bene per stare bene

Mindfulness: meditare bene per stare bene

È a causa della natura impermanente del dolore che possiamo trasformarlo ed è a causa della natura impermanente della felicità che dobbiamo coltivarla.

– Thich Nhat Hanh –

Vivere momento per momento. Esiste una saggezza del corpo e della mente per affrontare lo stress e le turbolenze emotive quotidiane? La risposta affermativa arriva dalla Mindfulness o insight meditation, che in sé significa meditazione, consapevolezza o piena presenza mentale. Il termine si è diffuso grazie ai diversi protocolli applicativi, tra cui il più importante è l’MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction). Nato alla fine degli anni ‘70 in virtù del lavoro di équipe di Jon Kabat-Zin, medico statunitense di origine indiana, il protocollo insegna a coltivare la consapevolezza dei propri pensieri e delle emozioni.

Vuol dire servirsi dell’attenzione in una maniera particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante, osservando il presente per quello che è.


Chi può praticarla? “Potenzialmente tutti, anche se, per alcuni protocolli, ci sono suggerimenti specifici”, afferma Nicoletta Cinotti, psicoterapeuta, Mindfulness Teacher, scrittrice, autrice del libro, alla terza ristampa, Scrivere la mente.

E prosegue: “Esiste un protocollo specifico, l’MBCT, utilizzato in ambito clinico, per la prevenzione delle ricadute depressive rivolto solo a pazienti che non sono in fase attiva di ricaduta. Troviamo, poi, il protocollo per la prevenzione delle ricadute da dipendenza rivolto a pazienti che non sono in fase attiva di dipendenza, e il protocollo di Mindful Eating non rivolto a pazienti anoressici”. Negli Stati Uniti ben cinque diversi titoli professionali permettono il lavoro clinico con il protocollo Mindfulness, a differenza di quanto accade in Italia, dove può essere esercitato soltanto da medici e psicoterapeuti.

I benefici derivanti dalla pratica della Mindfulness sono molteplici. “Sappiamo che c’è un aumento della corteccia prefrontale che attiva processi riflessivi e una diminuzione dello spessore dell’area limbica legata alle modalità reattive di risposta” – spiega la dottoressa Cinotti. “Inoltre, aumenta la capacità di regolazione emotiva e migliora la padronanza dell’attenzione e della concentrazione, ma tali e tanti benefici richiedono costanza.

Meditare una volta ogni tanto non produce effetti positivi duraturi. La Mindfulness fa bene, ma dobbiamo considerare che ha un effetto cumulativo. Se la pratichiamo intensivamente, otto giornate come da protocollo MBSR, e poi la utilizziamo soltanto quando siamo agitati, è probabile che non funzioni.


La continuità è un elemento differenziale importante: bastano poi quindici minuti ogni giorno per notare risultati rilevanti”. E per chi volesse avvicinarsi alla Mindfulness la via è molto semplice. “Consiglio di partire dal protocollo MBSR, che reputo geniale, grazie al quale si impara non soltanto una gestione della riduzione dello stress, ma soprattutto la struttura della pratica, per apprendere a meditare consapevolmente. Mindfulness non è training autogeno.

Mentre quest’ultimo si pone come metodo per calmare e gestire stati emotivi alterati, il protocollo Mindfulness ha un’intenzione più ampia che è quella di essere presenti a tutto ciò che accade e di conoscere come funziona la propria mente.

Stare bene con se stessi per stare bene con gli altri o viceversa? Una domanda alla quale la dottoressa risponde con un suggerimento: “Dovremmo considerare che gioie e dolori sono parte della vita, mentre noi partiamo con l’idea che non si debba stare male, ed è qui il guaio! Nella vita, per forza di cose, si alternano gioie e dolori ed è normale che la gioia non duri per sempre, mentre noi ci aggrappiamo ai momenti piacevoli.

Sarebbe necessario normalizzare l’equilibrio tra queste due polarità e apprezzare che nella vita ci si possa anche annoiare, non c’è niente di male. Una massima del Monaco Buddista Thich Nhat Hanh mi accompagna semplifica il concetto: è a causa della natura impermanente del dolore che possiamo trasformarlo ed è a causa della natura impermanente della felicità che dobbiamo coltivarla”.

“Bisogna vivere con semplicità e pensare con grandezza” di William Wordsworth. Sono molto legata al termine “semplicità” che è, secondo me, la più grande forma di grandezza. Dobbiamo avere voglia di “vedere”, di pensare in grande, di porci degli obiettivi, di sognare e di osare, abbandonando la presa egoica della volontà di “fare per essere visti”: occorre “fare nell’essere autentici”.

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